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Maremmamara, il progetto cinematografico sostenuto dalla Fondazione Silvana Paolini Angelucci: intervista al regista

Da Italiatv.it - Cinema, molto bene la presentazione di Maremmamara. Ora la distribuzione

(di Dario Pettinelli) Fari puntati su “Maremmamara”, il nuovo film di Lorenzo Renzi (il Sergio Buffoni di Romanzo Criminale – La Serie) presentato all’Hotel de Roussie di Roma. Cast di primo livello con Marco Messeri ed una magnifica Barbara Enrichi, impreziosito dalla presenza di Giancarlo Giannini. Film italiano col respiro internazionale, per la presenza di attori importanti e perché è girato tra la Toscana, Roma e Londra e post-prodotto a Soho, alla Art4Noise di Peter Baldock, (“Blade Runner”).
Renzi presenta la sua creatura con Franz Pagot, il suo tanto bravo quanto schivo direttore della fotografia (dice di lui “Tecnicamente è un maniaco”) e gli attori; per i suoi risvolti sociali alla proiezione anche una rappresentanza governativa con gli on. Marazziti e Roccella. Il film è stato realizzato con il patrocinio di Associazione Italiana Persone Down (AIPD), il contributo della Fondazione Silvana Paolini Angelucci ed ora è pronto per la scelta del distributore.

Parola al regista e sceneggiatore dell’opera, Lorenzo Renzi.

D. Renzi, che film è Maremmamara?
L.R. E’ un film sulla vita, con un importante risvolto sociale; incidentalmente ha un protagonista down, ma non è un film sui down. E’ un sogno realizzato scavalcando le barriere ed ogni presunto deficit espressivo ed interpretativo. La storia è coinvolgente e il cast di prim’ordine: c’è un pezzo a dir poco significativo della storia del cinema italiano. E’ un circo trascinante che si porta via il pubblico dal primo all’ultimo minuto.

D. Cosa ha spinto questi grandi attori a voler fare “Maremmamara”?
L.R. E’ una storia che parla al cuore. Ci hanno visto la sfida, perchè il film ha richiesto delle vere e proprie prove d’attore. Io penso che Barbara Enrichi, ad esempio, abbia interpretato il più bel ruolo della sua carriera; Marco Messeri raramente ha potuto dare spazio a tutta la sua toscanità come in questo film. Di Giancarlo Giannini non c’è davvero bisogno che dica nulla. Maremmamara è un film che fotografa la vita e che senza retorica ricerca e accarezza la parte buona, pura della persona, che affronta gli alti e bassi del quotidiano, il sorriso e la lacrima. E’ un film di archetipi, dove ogni personaggio attraversa la sua sinuosa parabola della vita.

D. Manciano, la sua Toscana, Roma e Londra: i luoghi della sua vita. Quanto c’è di autobiografico nella storia?
L.R. C’è molto di autobiografico. Per dirla bene è la trasposizione in storia di tanti fatti della mia infanzia e adolescenza. Io sono cresciuto li, conosco quei posti come… Li ho raccontati con gli occhi di chi li ha le radici. Maremmamara è un continuo incontro di sguardi, che si mischiano e creano commistione emotiva: il “mostro londinese” da una parte, la purezza dall’altra.

D. Ora tutto è pronto per la distribuzione.
L.R. Sì. Sono soddisfatto e presento un’opera della quale vado fiero. Manifestazioni di interesse per la distribuzione ne ho ma sa, in questi casi il film è come un figlio e lo voglio affidare alle migliori mani possibili.

D. Produzione e distribuzione: quale è lo stato dell’arte del cinema italiano?
L.R. Il “sistema cinema” italiano investe sempre meno nelle storie indipendenti o che non siano la commedia interpretata dal comico di successo televisivo di turno. In Italia chiude Cecchi Gori e restano sul campo cognomi degli anni ’60. Non sono le storie a mancare, mancano i produttori che investono, che rischiano sulle idee “indie”, e per questo Maremmamara l’ho prodotto io, investendo il lavoro di una vita, spendendomi personalmente. Ai tempi de “La dolce vita” in Italia si facevano oltre trecento film all’anno, ora se s’arriva a venti è grasso che cola. La Danimarca produce registi arabi, egiziani, e porta due film all’anno all’Oscar.

D. Cosa c’è nel suo presente, oltre alla scelta del distributore per Maremmamara?
L. R. Ho tre script a cui tengo molto: un fantasy, una commedia tipicamente italiana (“I pirati di papà”) e uno “spaghetti kung-fu movie”. Per dirla tutta ho anche il cosiddetto film della maturità, ma devo ancora finirlo di scrivere perché ancora maturo non sono.

D. Chi è il suo “gigante” cinematografico?
L.R. Difficile, le dico due nomi. Il primo è quello de “Il” maestro, Sergio Leone, un esempio di coraggio, uno che ha fatto il cinema con passione e quattro spicci ed è riuscito a riscrivere le regole del western, il genere americano per eccellenza. E l’America l’ha premiato. E’ come se un cinese fosse venuto il Italia e fosse diventato il capofila del neorealismo. L’altro, quello che ho nel cuore, è Bruno Mattei. Ebbi il privilegio di poterci lavorare e le dico, vederlo sul set malato, a ottant’anni, muoversi come un ventenne, con quella passione, con quel cuore e con una maestria unica, beh, è resterà per me indimenticabile.

http://www.maremmamara.com/

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